Intervista a Valentina Rossi, vincitrice de Il Nostro Festival 2018
Nel giorno del silenzio elettorale, riecheggia la meravigliosa voce di Valentina Rossi, vincitrice dell’edizione 2018 de “Il Nostro Festival”, kemesse canora organizzata da “Radio Centallo” ed andata in scena esattamente sette giorni fa al Cinema Lux di Centallo. Figlia di un ex assessore al Comune di Boves e di una mamma bellissima (dice lei e non abbiamo motivi per non crederle), Valentina ha una sorella che si definisce stonata. Una splendida bambina (per la quale ha dovuto mettere, momentaneamente, da parte la grande passione per le moto Honda) ed un lavoro come addetto informatico in un’associazione cuneese riempiono le sue giornate, quando non si dedica al canto.
Valentina, cosa hai provato nel momento in cui hai sentito pronunciare il tuo nome quale vincitrice? Te lo aspettavi?
E’ stata già una sorpresa essere chiamata sul palco! A quel punto mi aspettavo un 3° posto, al mio fianco c’erano persone davvero brave, Sivia ed Alex sono cantanti molto esperti e preparati.
Mi sono fatta convincere a partecipare da amici ma erano 3 anni che non allenavo la voce in modo costate perché ho avuto una splendida bimba che ha assorbito molto del mio tempo.
Tutto avrei pensato fuorché vincere; quando hanno annunciato il mio nome, ho guardato i presentatori come se avessi capito male, sono rimasta immobile, finché Alex non mi ha dato una piccola spinta in avanti, da lì è stato un susseguirsi di tante emozioni.
– A chi hai dedicato questa vittoria?
Alle due persone che nell’arco della mia vita, hanno spinto la mia timida personalità ad emergere attraverso il canto: a mia nonna che è sempre stata la mia roccia in un mare di incertezze, è mancata l’anno scorso; ed il mio compagno che ad oggi è il mio coach motivazionale, mi dà sempre il supporto e la carica che mi serve al momento giusto… ovviamente anche lui musicista per passione!
– A quale età hai iniziato a cantare?
La passione per il canto risale fin ai tempi della scuola materna, quando obbligavo i miei poveri compagni a cantare le canzoni di Cristina d’Avena! Ho iniziato a studiare canto a 14 anni, all’istituto Dalmasso Rosso di Borgo San Dalmazzo per 4 anni; contemporaneamente ho portato avanti lo studio della chitarra classica e della teoria musicale. Sono poi seguiti due anni di lezioni private, principalmente finalizzate a correggere le brutte abitudini canore che con gli anni ti “sporcano” inevitabilmente la voce.
– A quali altri eventi canori hai partecipato?
Pochi in verità, preferisco collaborare con i musicisti piuttosto che entrarvi in competizione. Ho fatto parte di cori scolastici, ecclesiastici e privati; ho militato per anni in diverse band, rock e pop principalmente. Sino a tre 3 anni fa, facevo parte di un coro molto particolare chiamato “improvvisamente canto”, pochi componenti molto validi che improvvisano ritmi e melodie che nascono esclusivamente dall’emozione del momento;un progetto divertente ed istruttivo al tempo stesso.
– Hai scelto una canzone difficile come “Anima” di Pino Daniele. Come è maturata questa scelta?
Per giorni ho cercato la canzone “perfetta”, la scelta è ricaduta su “Anima” semplicemente perché è un brano che mi emoziona moltissimo; non ho valutato una scelta “strategica” in ottica di competizione, proprio perché il mio obiettivo era rimettermi in gioco e riprendere a studiare canto. I feedback ricevuti da amici e colleghi su questa canzone erano: vecchia, chi se la
ricorda più, di nicchia, troppo lenta per un concorso, troppo dolce, noiosa, mai sentita (ok, qui sono rimasta senza parole…), chi di musica ne “mastica” mi ha detto: troppo raffinata per un concorso. Queste opinioni hanno rafforzato la mia scelta proprio perché è un pezzo di difficile studio e non così commerciale. A livello tecnico, ho scelto una canzone maschile di proposito, in questo modo l’ascoltatore non fa istintivi paragoni con l’autore, ma presta attenzione solo all’interpretazione che si riesce a dare; in un certo senso è come sentire una canzone nuova. Amo il testo, è poesia: esprime sentimenti profondi e sempre attuali, semplici ma mai banali; il filone principale è l’amore e la fiducia, espresse però in maniera diversa , meno diretta da come oggigiorno siamo abituati a sentire, bisogna fermarsi, fermarsi ed ascoltare. La musica è dolce, con un ritmo lento che va contro la frenesia del nostro tempo; la sfida è anche questa, per far apprezzare un brano con queste caratteristiche bisogna studiarlo in ogni sua sfumatura, lo studio diventa quasi maniacale. La dinamica è stata fondamentale, il testo è saturo di sentimenti ed un canale di comunicazione importante per esprimerli al meglio a chi ci ascolta è proprio la dinamica. Un pezzo sprovvisto sembrerebbe solo una poesia imparata a memoria, senz’anima appunto… e per cantare bisogna metterci l’anima!
– Ci sono altri artisti di cui ami interpretare le canzoni?
Qui si apre un mondo! Italiani o Stranieri? Mi piace interpretare chiunque perché lo considero un gioco, una sfida ed una scoperta sempre nuova. Skunk Anansie, Morissette, oppure autori più pop come Michael Jackson, Garbage, Adele… Poi Mina, De André, Mannoia, Concato, Dalla, Nannini, Giorgia oltre a Pino Daniele ovviamente. Obiettivamente sono per lo più cantautori “datati”, ma sono una nostalgica! Il bello della musica è che ha mille interpreti e mille generi, non mi sento più in sintonia con uno in particolare ma mi piace provarne il più possibile.
– Progetti futuri in ambito canoro?
Per ora mi concentro sul fare la mamma e cantare ninna nanne, poi chissà; durante gli anni ho incontrato moltissime persone appassionate di musica in provincia, sono sicura che prima o poi “ci scapperà” una band o una collaborazione, le occasioni bisogna costruirsele.