Veronica Stefan dialoga con Alessandro Barbero: la studentessa e lo storico
Alessandro Barbero, lo scrittore adottato dell’Istituto “A.Cravetta” nell’ambito del progetto promosso dal Salone Internazionale del Libro di Torino ci ha lasciato questo saluto, dopo i tre appuntamenti con gli studenti della scuola saviglianese.
“Ogni volta che vado in una scuola, a parlare, a incontrare i ragazzi e i loro insegnanti, mi dico che il nostro paese non può essere così malridotto come di solito pensiamo. E anche stavolta nei tre incontri al “Cravetta” di Savigliano ho avuto la stessa impressione: gli insegnanti sono fra le persone migliori che si possono incontrare in Italia, fra i pochi che nonostante tutte le difficoltà fanno il loro lavoro con passione e hanno gli occhi che brillano quando ci si confronta con loro; i ragazzi… beh, i ragazzi non voglio dare l’impressione di adularli: presi uno per uno, probabilmente non sono né peggio né meglio degli adulti, anche fra loro c’è di tutto, però quelli che ho incontrato al “Cravetta” avevano tutta la forza di chi sta prendendo le misure della vita e del mondo, e a me, a sessant’anni, è venuta voglia di ricominciare a credere che una volta o l’altra una nuova generazione il mondo possa ancora cambiarlo.”
La sua disponibilità umana ha consentito di realizzare questa intervista, curata dalla studentessa Veronica Stefan che frequenta la 4B del corso “Tecnico della grafica e comunicazione”, e vogliamo donarla a tutti perché si tratta anche di uno scambio generazionale importante.
Com’è nata l’idea di fare lo storico?
L’idea di fare lo storico è nata quando ero ancora un bambino. Questo perché nella mia famiglia, mia nonna era abbonata ad una rivista storica, La Storia illustrata. Io allora mi divertivo a ricopiarne su un quaderno gli articoli, credendo così di scrivere un libro di Storia. Adoravo questa disciplina in quanto era un mondo magico. Sono appassionato a tutta la storia, ma durante la mia vita ho preferito dedicarmi alla storia medievale. Non ho un motivo in particolare, ma mi ricordo che questa passione è nata grazie ad un mio amico. Infatti quando facevamo IV ginnasio, mi aveva invitato a casa sua e qui mi sono ritrovato immerso in una sterminata biblioteca. Sono rimasto così conquistato da un libro che mi ha appassionato moltissimo, La società feudale di Bloch . Finite le superiori ho iniziato a frequentare l’università dove, ormai amante del Medioevo, ho studiato la storia medievale sino alla stesura della tesi di laurea su Il mito angioino nella cultura italiana e provenzale tra Duecento e Trecento. Attualmente insegno presso l’Università del Piemonte Orientale di Vercelli.
Com’è entrato in contatto con la divulgazione televisiva e come la concilia con il lavoro accademico?
Sono entrato in contatto con la televisione grazie a Piero Angela e al suo programma televisivo di divulgazione culturale “Superquark, nato nel gennaio 1995. Sono stato chiamato da Piero perché, in quel momento, il suo programma dedicava una puntata a Carlo Magno e io avevo scritto un libro sull’argomento. Così mi sono recato a Roma e da qui è nata la nostra collaborazione. Le registrazioni delle puntate avvengono durante il periodo estivo, solitamente a giugno. Dopo di che vengono mandate in studio dove vengono tagliate e montate. Ho collaborato anche con il figlio di Piero, Alberto Angela, anche se il rapporto è diverso. Le interviste non vengono fatte direttamente da Alberto, ma da una troupe. Attualmente mi dedico a “Rai Storia”, un programma televisivo del canale omonimo in cui gli storici si alternano nelle diverse puntate. Ho fatto anche il presentatore di“a.C.d.C”, un programma basato soprattutto sulla visione di documentari prodotti da televisioni estere come la BBC. Sono comunque sempre riuscito a gestire bene il mio ruolo di insegnante e quello di personaggio televisivo senza mai accavallarli.
Qual è il compito dello storico?
Ho iniziato a fare lo storico perché la storia è sempre stata una mia passione, dedicando all’argomento libri e articoli. Il compito dello storico, però, non è quello di pensare di scrivere un libro completamente esaustivo su un determinato tema, ma bensì è la ricerca che genera la discussione in ambito accademico. Il lavoro di uno storico è anche questo, tenersi in contatto con i colleghi e scambiarsi le idee. Questi testi che vengono elaborati pertanto hanno un linguaggio più specifico, perché indirizzati agli specialisti della disciplina. A volte, però, può capitare che allo storico venga richiesto di scrivere un libro per il grande pubblico a fini divulgativi, così come mi è successo per la figura di Napoleone a Waterloo.
In base a quale criterio scrive i suoi libri?
Scrivere per me non è mai stato un problema, mi sono sempre trovato bene con le parole e considero semplice riportarle su fogli di carta. La cosa più difficile è trovare le parole adatte al contesto che si sta trattando. Il problema per uno storico è quello di utilizzare le giuste parole e ricercare i giusti argomenti per scrivere. Scrivere nel modo corretto non è semplice, per questo gli storici seguono tre semplici regole, semplici per modo di dire. Iniziamo: ricercare documenti o comunque contattare altri storici che hanno già trattato l’argomento. Per cui si ricerca cosa esiste già su quell’ argomento, ciò che altri hanno già scoperto, dedotto e argomentato. Lo storico quindi legge molti libri. Se pensiamo allo storico di una volta, possiamo dire che aveva molte meno fonti dalle quali attingere rispetto ai giorni nostri, data l’attuale poderosa produzione libraria e non solo. E’necessario poi prendere appunti su ciò che si trova. Selezionare le varie fonti analizzate che andranno poi a costituire l’ossatura del testo. Alla fine ci si trova con diverse idee per cui si deve decidere l’ordine degli argomenti e come organizzare il tutto. È molto faticoso in quanto è come un montaggio dove si deve riuscire ad incastrare tutto quanto. Anche se per uno storico è più semplice che per un romanziere perché gli avvenimenti sono già stati preordinati dalla successione temporale, mentre uno scrittore deve decidere in che direzione far andare il racconto. Oltre ai libri storici, nonostante io sia uno storico a tutti gli effetti, mi è stato chiesto di scrivere anche romanzi. Sin da bambino ho amato la lettura, ma a tempo perso. Durante gli anni questo non mi bastava più volevo progettare anche io qualcosa di nuovo. Per questo motivo ho iniziato a dedicarmi anche ai romanzi. Di giorno ero storico medievale, alla sera mi trasformavo in romanziere. Nessuno lo sapeva, nemmeno la persona più vicina a me, mia moglie. Anche per i romanzi ci sono delle piccole regole da seguire per riuscire a costruire una buona narrazione. Bisogna aver letto molto e bene. Bisogna avere capacità critica, come ad esempio pensare che alla persona che si odia di più possa piacere il nostro racconto. È necessario saper come organizzare il tutto. Decidere in modo accurato la modalità di scrittura e il contenuto. Per scrivere un buon romanzo bisogna impiegare il tempo necessario, mai affrettarsi o farlo così tanto per fare. Quando poi si è concluso, è meglio farlo leggere a qualcun altro perché da soli non si trovano mai gli errori e i difetti che può avere. Fin da ragazzino, quando ho iniziato a scrivere i miei primi temi importanti a scuola, ho capito che capita di scrivere avvicinandosi alla modalità dello scrittore che abbiamo apprezzato di più;.io ne ho avuto le prove durante le mie scuole medie. Questo aspetto ci apre numerose porte che ci fanno capire tante cose e ci indirizzano sulla nostra strada in campo letterario. Quindi è indispensabile capire ciò che voglio, cosa voglio dire e se come lo scrivo si capisce.
La storia si ripete?
Sì e no. Abbiamo diversi esempi come i flussi migratori che si ripropongono lungo tutta la storia dell’umanità, quindi la storia è simile anche se non si ripete tale e quale. È sicuro però che analizzando i processi storici del passato abbiamo una chiave interpretativa in più per comprendere il presente. Quindi se Historia magistra vitae, i maestri però necessitano di qualcuno che li ascolti. Lo studio della Storia, come quello della Letteratura, ti induce a capire che non esistono valori assoluti, che i punti di vista sono tanti e diversi e il tuo non è per forza quello giusto.