Cédric Herrou: “Chi non accoglie è complice, a chi bussa alla mia porta verrà sempre aperto”
Il giovane contadino della Val Roya ha ospitato più di 2500 migranti, aiutandoli a passare il confine italo-francese. E’ stato arrestato 10 volte dalla autorità ma il suo entusiasmo non ha fine: “Ricevo spesso minacce di morte, ma non mi spaventano”
Nelle montagne alpine italo-francesi, appena dopo Tenda, vive un contadino quarantenne con la passione per l’agricoltura e l’allevamento delle galline. Il suo nome è Cédric Herrou ed è conosciuto in tutto il mondo come “il contadino che aiuta gli immigrati”.
Cédric Herrou, uomo schivo e solitario, ha fatto della sua vita una missione umanitaria: riportare dignità a chi gli si presenta alle porte di casa. Che poi casa è una parolona. Abita in montagna, con tre roulotte e qualche capanna in legno, appena passato Breil Sul Roya. Ma quel posto ha una particolarità: è sempre popolato. A parte le centinaia di galline, in quel luogo apparentemente tranquillo, passano periodicamente delle vite umane. Vite in fuga, alla ricerca di una ‘terra promessa’.
Circa 2.500 uomini tra il 2016 e il 2017. Sono immigrati che fuggono dall’Italia per raggiungere la Francia attraverso il confine montano. Il suo ruolo non è quello del Passeur (colui che fa passare, a pagamento, i migranti dal confine, ndr). Lui se li ritrova direttamente a casa e, da buon francese, li ospita.
Per Cèdric se c’è posto a cena per cinque… Beh si trova spazio anche per il sesto. E’ arrivato così ad ospitarne centinaia in un colpo solo.
Questa sua “mania” (si fa per dire) di ospitalità gli ha da sempre procurato non pochi problemi con la legge, mettendolo alle strette con figure istituzionali locali e all’attenzione di media mondiali. La sua avventura è anche diventata un documentario, chiamato LIBRE (nome di un piccolo paesino montano vicino alle sue coltivazioni e acronimo di BREIL) diretto da Toesca e presentato al Festival di Cannes. L’accusa di tutto ciò? Reato di solidarietà.
Come hai reagito a questa provocazione da parte delle autorità?
“Io sono un Francese. E come tale rispetto il motto nazionale: Liberté, Égalité, Fraternité. Se c’è un confine, questo è solo legato alle leggi, non all’umanità. Per questo dedico la mia vita per il rispetto della dignità degli altri, rischiando anche grosso…
Cosa si rischia ad essere come Cédric Herrou?
“Si rischia di essere condannato. Io sono stato arrestato dieci volte. Cinque di queste sono stato perquisito a casa, mentre dormivo. Poi ricevo minacce di morte periodicamente: foto di ragazzi armati che mi vogliono morto… Una vitaccia”
Di cosa ti occupi precisamente?
“Semplice, sono un contadino. Ho tanti ulivi, qualche pomodoro e delle galline. Quando qualcuno bussa a casa mia gli apro e lo accolgo come farebbe qualsiasi persona”
Cosa sta sbagliando il governo francese?
“Il governo francese come quello italiano si sta dimenticando che la parola democrazia deve essere usata a sostegno dei piccoli e dei poveri, non solo in occasione di voto. C’è una legge del 2013 che consente ai migranti illegali di essere aiutati se questi aiuti vengono concessi gratuitamente e a difesa della dignità e integrità fisica. Io la rispetto pienamente. Il nostro prefetto è condannato perché riportava questi in Italia illegalmente. Negare l’asilo è essere complici.”
Di recente sei stato accusato per aver paragonato l’immigrazione transfrontaliera di oggi con la deportazione degli ebrei di qualche anno fa. Per questo ti hanno chiesto un’ammenda di 1000 euro. Perchè hai scritto quel post su Facebook?
“E’ chiaramente una provocazione, la mia. Sono epoche storiche diverse ma l’odio nei confronti dell’altro è simile. Tutte queste polemiche nascono per nascondere i veri problemi della Francia, in primis la poca fiducia in un’Europa”.
Nel documentario dici: “Condannatemi pure, ma in carcere non ci sarà posto per tutti”. La tua lotta è anche per cambiare un sistema di leggi? O solo per combattere l’odio che si sta creando?
“Per tutti e due i motivi. Se la legge fosse rispettata da tutti sarebbe un conto. Ma, ad oggi, non è così. Quindi occorre cambiare. I partiti nazionalisti puntano da sempre sulla paura, la creano per poi dire proclamarsi difensori. In Francia il problema non sono gli immigrati ma gli effetti negativi che potrebbe portare l’immigrazione. Io non ho mai visto e subìto un furto…. A volte penso che bisognerebbe rispolverare la memoria dei nostri vecchi, anche loro sono partiti per terre straniere”.
Ti riferisci ai giovani dicendo “tocca a voi prendere il testimone da me per andare avanti”, cosa può fare un ragazzo, oggi?
“Occorre partire dalla politica locale, superare il pregiudizio e considerare le persone come tali, non come possibili minacce. Ah, per politica intendo occupare i luoghi pubblici, intendo prendere posizione e portare avanti un proprio ideale, la politica siamo noi”.
Sembri apparentemente tranquillo, come fai?
“Sono affezionato ad un modo di vivere della cultura nizzarda che si chiama PANTAI: ossia prendere tutto con semplicità e scherzandoci su. Sembro stupido, buffo ai più. Questo è il mio modo di intendere la vita, con un pizzico di umorismo”.
Credi in Dio?
-annuisce, sorride, ritorna serio e prende tempo- “No. Non credo. Questo non vuol dire che non abbia spiritualità…”.
Durante l’intervista abbiamo ascoltato anche Andrew (nome di fantasia, perché non ama apparire) su come si vive a contatto con questo “filo del rasoio”, dove un confine separa due popoli neanche troppo diversi… Gli sono scese due lacrime cariche di sentimento.
Poi, forse perché essere vulnerabile risulta un difetto, quelle lacrime sono state immediatamente dalla sua mano asciugate. Andrew sogna l’Italia, sogna di lavorare e “parlare come parlano gli italiani”.
Partire con un sogno, è forse un ottimo inizio.
Trailer documentario Libre di Michel Toesca: link