
Gestione incomprensibile da parte della proprietà dell’ex Ilva, ora Arcelor Mittal, che prima chiede la deroga per continuare a lavorare anche durante il lockdown e poi, quando le attività riprendono, chiede 5 settimane di cassa integrazione per gli stabilimento di Novi Ligure e Genova. Preoccupazione anche a Racconigi
Di fronte a ragioni tutto sommato comprensibili, diventa invece incomprensibile il motivo per cui era stata avanzata la richiesta di tornare al lavoro tanto che due parlamentari, il capogruppo di LeU, Federico Fornaro e il suol collega ligure Luca Pastorino, hanno annunciato un’interrogazione urgente al ministro, “tenuto anche conto che a fine mese scade il termine per il piano industriale e c’è un buio assoluto sui programmi di rilancio”.
Ovviamente la richiesta di cassa integrazione ha suscitato sconcerto e preoccupazione nei lavoratori e nei loro rappresentanti sindacali che nelle scorse settimane avevano siglato un protocollo sanitario che prevedeva anche test sierologici per ripartire in sicurezza, ignari delle decisioni contrarie della proprietà.
Quello che si è verificato a Novi è successo anche a Genova, dove i lavoratori dell’impianto, che è strettamente legato nel ciclo lavorativo a quello piemontese, sono scesi in piazza. Non potendosi effettuare cortei, a causa delle attuali disposizioni che vietano gli assembramenti, circa cinquecento persone hanno partecipato a quella che è stata definita la “passeggiata”, prima iniziativa pubblica di questo genere in Italia, nonostante il coronavirus. La protesta potrebbe nelle prossime ore estendersi anche a Racconigi, dove ha sede un altro stabilimento dell’ex Ilva così come nella stessa Novi Ligure.