Le bande musicali piemontesi in attesa di notizie dalla Regione
Anche le bande musicali piemontesi hanno dovuto pagare dazio al coronavirus, interrompendo la loro attività. Ma adesso chiedono di poter tornare a far sentire la loro voce e le loro note
Hanno pagato un pesante dazio al coronavirus anche loro, ma adesso chiedono a gran voce di poter tornare a suonare. Sono i 13mila iscritti all’Anbima Piemonte, l’associazione nazionale delle bande italiane, che lanciano un appello tramite il loro presidente Ezio Audano. Il lockdown conseguenza del covid-19 ha interrotto anche l’attività dei gruppi musicali che allietavano le feste patronali, le sfilate o i ritrovi in piazza con le musiche che fanno riferimento a una tradizione consolidata. Nessuna esibizione ma anche nessuna prova da poter effettuare in settimana e così le trecento formazioni presenti in Piemonte non hanno potuto far altro che chiudere gli strumenti nelle loro custodie e attendere che la buriana passasse. Il presidente Audano spiega che “Il problema riguarda ogni tipo di realtà. In Piemonte abbiamo circa 13 mila iscritti. Qualcuno è riuscito a ripartire, magari in palestre o all’aperto. Ma la maggior parte delle formazioni è composta da strumentisti che si esibiscono con strumenti a fiato. Pensiamo ai sax o ai clarinetti. O a chi invece canta in un coro. Ritrovandosi tutti insieme possono quindi creare problemi di nebulizzazione. Una situazione impossibile da risolvere. Bisogna affrontare la questione con gli enti locali, sperando che si trovino spazi adeguati per le prove e le esibizioni”.
Per risolvere la situazione servirebbe un intervento delle istituzioni ed è per questo che il presidente di Anbima Piemonte si è rivolto al governatore Cirio, che al momento non ha ancora risposto alla lettera che gli è stata inviata. In attesa di segnali dal palazzo della Regione Audano spiega ancora che “Non ci sono strategie per la ripartenza. Si parla di autocontrollo sulle condizioni di salute e l’igiene delle mani e di distanziamento. Servono poi anche luoghi più ampi. Ricordiamoci che gli strumentisti non sono professionisti e il rischio è che non riprendano più le prove. D’altro canto l’elemento importante di una banda è quello dell’aggregazione. E se si tengono lontane le persone non ha quasi più senso la loro esistenza”. Problema aggiuntivo è quello dei costi che i gruppi devono sostenere: “In molti affittano i locali — conclude Audano —. E in questo periodo si sono anche visti tagliare i fondi stanziati dai Comuni. Per riprendere le attività e formare i nostri giovani sarebbe necessario predisporre un supporto economico di sostegno. Sappiamo che si sta lavorando per istituire dei bandi che, tramite il bonus cultura, portino risorse alle associazioni. Denaro che potrebbe servire per acquistare dispositivi di protezione o attrezzarsi con i separatori, ma è chiaro che le difficoltà maggiori sono legate proprio agli spazi che mancano per garantire il distanziamento”.