Tra Boves e Robilante inaugurate «Le Croci» del bovesano Sandro Dutto





Un’installazione-restauro opera dell’artista residente nel Vallone dei Cerati cono nome d’arte “Dutu l’amis di ‘servan'”
Domenica pomeriggio 23 ottobre vi è stato momento di inaugurazione, partecipato, per una istallazione-restauro opera di Sandro Dutto. L’artigiano edile ed artista, risiedente nel bovesano Vallone dei Cerati, con nome d’arte «Dutu l’amis di “servan”» (folletti della mitologia locale, ndr), è intervenuto, realizzando «Le Croci», in regione Tetto Chiri, grosso e bellissimo tetto montano abbandonato tra Boves e Robilante, che vari partecipanti hanno potuto visitare, tra case in rovina ed affreschi sulle facciate, di fine Ottocento ed inizio Novecento, miracolosamente sopravvissuti (come la bellissima «Crocefissione»), almeno «leggibili», tra Madonne e Santi (magari spingendosi sin al vicino «Prà du Soil», «Prato del Soglio», non trascurare «mazze di tamburo», i funghi che stan spuntanto numerosi sulle colline). Il tempo non era assolutamente autunnale, nuvoloso senza rischio di pioggia, con, a quelle quote, la nebbia. Un vero «pellegrinaggio», alle «Croci», è durato tutto il cuore del pomeriggio.
L’artista, timido e riservato, schivo, come il ruolo impone, evidentemente, non ha partecipato al momento pur organizzato da lui. Un don Giorgio Pellegrino, rettore del Santuario di Madonna dei Boschi, grande studioso di flora e fauna locali, del «Creato» alle pendici della Bisalta, sereno e sorridente, è stato il protagonista del momento, con la sua riflessione. «Comprendere la differenza tra le croci e i crocifissi: la croce è un simbolo, importante per chi ci crede, ma un simbolo. Di crocifissi è pieno il mondo. E non c’è bisogno di crederci, ci sono, per via delle guerre, delle ingiustizie, di chi dall’alto prende le decisioni per chi sta in basso». Ha benedetto la croce, ma non per la croce in sé («dopo la si potrebbe anche bruciare»), «per le persone, per i presenti, per gli amici, per i propri cari, per tutti coloro che passeranno…». Ha concluso con un augurio finale significativo: «andate o restate in pace».
Un volontario aveva portato paio di bottiglie di vino bianco, altri distribuivano immagini del manufatto e spiegazione del suo senso e della sua genesi… Tutto è partito dal ritrovamento, che gli capitò, anni fa, di una semplice croce di castagna, formata da due pezzi di castagno, di cui uno con «incavo», posta sulla cresta tra Tetto Chiri e Vallone dei Cerati, «sbilenca tra i cespugli», nella sostanza integra, solo marcia alla base… Ora, pur sempre un po’ reclinata, è appoggiata su solida base e vicino ne ha altra, nuova, «moderna», e più grande, diritta, in un modo che abbina estetica e contenuto, parla di speranza e futuro… La «targhetta» metallica fissa bene, in «piemontese», la «dedica»: ai vecchi abitanti di Tetto Chiri e della parte alta del Vallone dei Cerati, ma anche al giovane «Ivano» (era presente il padre), tragicamente scomparso qualche mese fa (unito a «quei ragazzi che ci hanno lasciato troppo presto ed ai quali chiediamo perdono per non essere stati in grado di aiutarli»).