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Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles

19 febbraio 2023 | 13:12
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Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles
Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles
Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles
Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles
Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles
Il maestro Stefano Arnaudo da Saluzzo al palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles

Una bella chiacchierata per conoscere meglio il giovane talento della Granda

E’ notizia recente quella che vede il maestro saluzzese Stefano Arnaudo lasciare momentaneamente la direzione del Coro dle Piase Ana di Campiglione Fenile per l’importante palco del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles.

Abbiamo scelto di farvi conoscere meglio, attraverso le sue parole, il giovane talento della Granda.

Chi è Stefano?Wow… iniziamo con una domanda complessa! Chi sono? I due aggettivi che credo mi descrivano meglio sono innamorato ed appassionato. Innamorato della mia famiglia: sono sposato dal 23 giugno 2019 – data scelta per rinnovare l’anniversario di matrimonio dei miei nonni materni e sperare di essere capaci di portare avanti un matrimonio lungo come il loro non seguendo “la moda dei tempi” – con Alice e dal 10 ottobre 2021 il buon Dio ci ha donato un angioletto di nome Ludovica che è tutta la nostra vita. Appassionato ed insieme fortunato direi perché ho il privilegio di fare un “lavoro” che è anche la passione di una vita; il cantante lirico: la “nobile somma” di tutte le arti che si possono individuare nel tempio della cultura ovvero il teatro.

Quando hai “scoperto” il mondo del canto?Non so se sono io ad aver scoperto il canto o è il canto ad aver scoperto me. E’ banale a dirlo ma canto da sempre… ricordo il piacere di andare la domenica sera a messa a Manta con i miei genitori perché lì potevo sedermi vicino all’organista di turno e divertirmi a sentire la mia voce che viaggiava per la Chiesa. E poi in macchina… abbiamo consumato intere audiocassette (qualche era tecnologica fa) di Andrea Bocelli e cantavo per tutto il viaggio con buona pace dei miei genitori. Era tutto così naturale.

Come ti sei avvicinato al canto lirico?Potrei dire “controvoglia” e “tardi”, dopo i 20 anni. Io ero innamorato del Musical ma poi vista una Cenerentola in teatro sono stato folgorato da cosa la voce poteva fare in uno spazio grande e senza amplificazione alcuna. Direi che potrei definire l’avvicinamento al canto lirico come la mia personale “necessità di superare i limite”.

Qual è stato il tuo percorso di studi?Ho fatto asilo (l’ultimo anno per forza e dalle suore), ciò che allora si chiamava scuola elementare e media a Manta dato che i nonni materni abitavano a Manta e con la scusa dei rientri pomeridiani passavo molto tempo con loro. Che belle giornate! Che profumi e che suoni che ancora mi vengono in mente pensando a quegli anni. Sono stato fortunato! Poi il liceo classico a Saluzzo. Dopo i primi due giorni di quarta ginnasio più di venti giorni d’assenza per partecipare alla registrazione di Bravo Bravissimo condotto da Mike Bongiorno. Una delle avventure più straordinarie della mia vita, condivisa
con mia mamma che mi è stata al seguito in tutti quei giorni essendo minorenne (13 anni). Finito il liceo, collezionando decine e decine di giorni d’assenza per andare in giro per il “bel paese” a studiare e cantare – ancora grato a tanti Professori che pretendevano comunque ma insieme al mitico Preside Prof. Riberi alla fine i giorni tornavano – un paio di anni di università ma poi si era aperto uno specchio per tentare l’ammissione in conservatorio e voilà… tutto ha avuto inizio al Ghedini di Cuneo, dove nel 2014 mi sono laureato con il massimo dei voti.

La tua formazione continua?Obbligatoriamente! Terminato il conservatorio ho avuto maestri eccellenti dalle carriere internazionali dal basso Roberto Scandiuzzi, al baritono Lucio Gallo passando per masterclass e accademie legate a teatri. Scelsi di non iscrivermi al biennio in conservatorio – cosa che mi avrebbe messo al sicuro potendo accedere all’insegnamento scolastico – dopo un discorso che non scorderò mai con il Maestro Scandiuzzi che mi disse “tocca a te decidere se rimanere un grande pesce in un piccolo stagno oppure rischiare di essere anche un pesce minuscolo che nuota nell’oceano”. Non ho mai amato gli spazi piccoli ma, credetemi, non è stato semplice ne immediato.

La tua famiglia ti ha sempre appoggiato?Questa è stata la forza. La mia famiglia “di origine” c’è sempre stata in un mix particolare: mia mamma mi ha sempre visto “arrivato” mio papà tendeva a farmi volare basso… o meglio era più concretamente preoccupato di cosa una scelta del genere, per altro presa in forma all inn come decisi di fare dopo il triennio (o arrivavo a lavorare in teatro o ero a piedi) preoccupava un uomo concreto e legato all’attività di negoziante in mangimi e concimi con cui ci faceva “sbarcare il lunario”. Mia mamma è sempre stata più una sognatrice appassionata e questo mix mi ha sicuramente aiutato a non mollare ma a volare con lo sguardo rivolto in avanti per controllare la rotta.

Ricordi le tue prime esperienze sul palco?La prima, ero sotto i 10 anni, era una “corrida” a Manta organizzata in oratorio… partecipai con “Con te partirò” come scordarlo!? Poi Bravo Bravissimo, il concerto dei 40 anni di carriera di Rita Pavone per la Ricordi, il tour con Radio Italia solo musica italiana per le Olimpiadi 2006… quante storie, quanti incontri incredibili. In una data, non ricordo ma mi sembra Aosta, nel truck di Radio Italia prima di salire sul palco mi sono reso conto di star mangiando “pane e salame” con i Pooh.

Uno dei successi che ricordi con piacere?Me ne vengono in mente tre: 2012 dopo pochi mesi di conservatorio una insegnante (la Prof.ssa Camoletto) mi segnala che a Torino si stanno facendo le audizioni per gli artisti del coro di una importante produzione che sarebbe andata in mondovisione Rai. Si trattava della Cenerentola di Rossini (l’Opera che mi innamorò dell’Opera) la
regia era di Carlo Verdone, la direzione d’orchestra del compianto Maestro Gianluigi Gelmetti. Partecipai alle audizioni e ebbi la fortuna di vivere “quel sogno” che per altro fu la prima produzione dal vivo in HD di “mamma Rai”. 2019 ero a Taormina alle spalle di quel signore di cui ho consumato le audio cassette nell’apertura del tour mondiale di Andrea Bocelli. Davanti a noi più di 8000 persone… ti rendevi conto di essere a fianco di una persona dal destino straordinario e per due sere sapevo di dare il mio piccolo
contributo al suo successo e di farne parte: incredibile. Poi il debutto da solista a Shanghai nella tosca di Hugo de Ana per la turnée asiatica del teatro Carlo Felice di Genova; un piccolo ruolo “il carceriere” nella Tosca di Puccini ma in quale straordinaria produzione.

Quando hai capito che la tua passione si sarebbe trasformata in lavoro?Spero di non capirlo mai… in ogni teatro in cui ho l’occasione di lavorare lo vivo l’esperienza come un’opportunità (e non è una romanticheria). Il fatto che questa passione mi avrebbe potuto concretamente sostenere economicamente l’ho capito dopo il Covid. In quell’anno ho studiato molto sapevo che poteva essere la svolta… farmi trovare preparato era il mantra che combatteva con lo sgomento di non sapere se si sarebbe mai
tornati allo spettacolo “dal vivo”.I mesi passavano, il telefono non suonava più… ma poi all’improvviso è arrivata la prima chiamata (il destino ha scelto come anno il 2022 proprio al Teatro Coccia di Novara dove nel 2002 scendevo la scalinata di Bravo Bravissimo diretto – e non è uno scherzo – dal Maestro Beppe Vessicchio e dieci anni prima vivevo la mia prima esperienza operistica “appena” in una mondovisione Rai). L’occasione era un melologo di e con Gioele Dix in cui avevo anche una piccola parte solista e poi da lì è tornata (quasi a volermi dare certezza che la strada era quella giusta) la Cenerentola di Rossini dove ho incontrato Colsper (Coro lirico Sinfonico di Parma ed Emilia Romagna) e la magia ha avuto inizio arrivando in giugno la prestigiosa Choregie d’Orange con Musique en Fête in diretta nazionale su France 3, poi tre produzioni all’Opera di Montecarlo dove il Maestro Stefano Visconti mi ha dato fiducia e presentato a Bruxelles, qui al teatro reale della Monnaie (il teatro di Stato del Belgio).

Cosa ci racconti di questo “cambiamento di vita”? Prime impressioni?La vita non cambia, ciò che cambia è dove la vivi e devi imparare soprattutto a gestire la distanza dagli affetti. Ho una moglie estremamente intelligente che fa tutto il possibile per mantenere coinvolta ed unita una famiglia “a distanza” – come possiamo definire la nostra – tramite l’utilizzo della tecnologia (che non è la stessa cosa di essere insieme ma sicuramente aiuta). Lavorare qui ti fa sentire la responsabilità di essere nel massimo teatro della capitale d’Europa. Dovevo lavorare solo per una produzione Henry VIII di C. Saint Sëan ma a quanto pare sono piaciuto e mi hanno proposto tutta la stagione primaverile aggiungendo al mio contratto una produzione colossal: Bastarda; l’esperimento consiste nell’unire quattro opere di Donizetti (Elisabetta al castello di Kenilworth, Anna Bolena, Maria Stuarda, e Roberto Devereux) per raccontare in un’unica produzione tutto l’arco narrativo dell’ “età di Elisabetta I d’Inghilterra”. In questi giorni siamo in pieno montaggio di regia ed è insieme stancante (parliamo di 6 ore di spettacolo dal vivo che verrà diviso per il pubblico in due giornate per un totale di 14 recite) ma è anche estremamente soddisfacente sapere di far parte di una prima assoluta e di una esperienza totalizzante come questa. Un teatro come questo ha poi i mezzi per fare davvero bene e ti permette di lavorare serenamente… e questo fa la differenza.

Cosa ti auguri per il futuro?Di continuare ad amare il teatro come il primo giorno, di stupirmi di quanta bellezza la musica può emanare e di servire entrambi come posso con i miei mezzi (pregi e debolezze). Ciò che faccio sono consapevole che è un dono; oltre lo studio non ho fatto nulla per meritarlo. Quando lavori con un “mezzo conto terzi” da un lato sei grato e dall’altro sai che tutto ha un inizio e avrà una fine. Ciò che conta è godersi il viaggio con cui spero di regalare serenità alla mia famiglia e alle persone che amo. In questi anni ho poi unito la mia vita ad una realtà ANA creando e dirigendo un coro alpino con cui – ironia della sorte – il 24 giugno 2022 siamo stati invitati al Opéra Royal de Wallonie Liegi (il Belgio era nel destino) per un concerto svoltosi sotto l’alto patronato e alla presenza di SAR la Regina Paola del Belgio… tra i tanti canti proposti abbiamo scelto di portare con orgoglio anche un tocco di Piemonte inserendo nel programma Môntagne del me Pimônt; in questo brano ad un certo punto si esegue un muto corale dove una voce di basso recita una poesia. Tra le tante che si possono eseguire io amo particolarmente la Patria cita di A. Mottura (un gioiello di orgoglio piemontese) e l’ultima strofa recita così:
Ti adess va pura për ël mond. Boneur
e onor forse at daran d’àutri pais,
ma pòrt-te tò Piemont an drinta al cheur
come l’amor sincer d’un vej amis:
ricòrda chi a l’ha date sangh e vita,
giovo dësmentia nen toa Patria cita!
Queste parole mi fanno vibrare l’animo e, in questi giorni, tante volte mi passano per la mente, come se le sentissi un pò rivolte
a me. Quindi se oggi so che è il tempo di salire sul treno e di andare “per il mondo” prometto al me adulto di non dimenticare le mie
radici che mi hanno dato tutto e mi hanno fatto essere chi sono.

Cosa consigli a chi volesse avvicinarsi a questo mondo?Abnegazione e studio costante. Non c’è altra via per costruire una carriera seria… sicuramente nel teatro (nel senso più ampio del termine) ma credo in tutti i campi artistici. Diffidate dalle carriere lampo e dalle strade semplici. Non sono i soldi o la bellezza o i like a fare un artista (termine troppo spesso abusato di questi tempi) ma la preparazione e la reale percezione di se che si può avere solo se si è giunti in contatto
con i propri limiti, unico modo per superarli.