80 anni fa l’eccidio di Boves
Si consumava oggi una delle pagine più buie della storia cuneese, nonché uno dei primi massacri di civili ad opera delle forze naziste.
Si commemora oggi l’ottantesimo anniversario di una delle pagine più buie della storia della provincia di Cuneo: l’eccidio di Boves. Si tratta di uno dei primi massacri compiuti a danno della popolazione civile italiana da parte delle forze naziste, appena scese ad occupare il Nord Italia dopo lo sbarco delle forze alleate a Sud e l’armistizio dell’8 settembre. Una tragedia che i bovesani e non solo ricordano solennemente ogni anno.
Proprio a Boves, infatti, si erano formati alcuni tra i primi gruppi organizzati di partigiani dell’intera nazione, subito dopo i fatti dell’8 settembre. Al comando delle bande bovesane era stato posto l’ufficiale Ignazio Vian. Il 19 settembre 1943, di domenica, proprio un gruppo di questi partigiani, sceso in paese per fare provviste, s’imbatté in un’auto con due nazisti a bordo. Per i partigiani non fu difficile renderli innocui e prenderli in ostaggio. La risposta tedesca però non si fece attendere, con i comandanti delle SS Theodor Wisch e Joachim Peiper che da Cuneo si precipitarono a Boves per convocare d’urgenza il commissario della prefettura e il parroco, don Giuseppe Bernardi, intimandoli a recarsi in ambasceria presso le brigate partigiane e convincerli a restituire i due soldati tedeschi, pena la rappresaglia contro la comunità bovesana. Di fronte alla richiesta di garanzie da parte del sacerdote, che chiedeva che venisse messo per iscritto il patto, Peiper rispose che non ce n’era bisogno, in quanto “la parola di un tedesco vale più della firma di cento italiani”.
Bernardi partì dunque in auto assieme al bovesano Antonio Vassallo alla volta del rifugio dei partigiani, i quali, compresa la gravità della situazione, resituirono le due SS. Una volta rientrata l’ambasceria in paese, però, nonostante gli accordi fossero stati rispettati, i comandanti diedero inizio all’eccidio. In totale furono date alle fiamme circa 350 abitazioni civili e vennero uccise 25 persone tra cui don Bernardi, Vassallo e il giovane vicecurato Mario Ghibaudo, appena ventitreenne, mentre era intento a dare l’estrema unzione ad un anziano colpito a morte dai nazisti. Le vittime furono per lo più anziani, donne e bambini, dato che molti uomini e giovani, fiutando il pericolo già nei giorni precedenti, avevano lasciato il paese per rifugiarsi nelle campagne limitrofe. Ma le efferatezze non si conclusero qui: tra il 1943 e il 1944, infatti, Boves subì una seconda ondata di violenze, sempre per mano delle SS ma questa volta concentrate sulle frazioni montane, che produssero ulteriori 59 morti tra civili e partigiani.
Al termine della guerra Peiper fu processato a Stoccarda e condannato a morte per crimini di guerra a causa dell’esecuzione sommaria di 80 americani in Belgio durante l’offensiva delle Ardenne. La condanna fu poi commutata in carcere a vita, ma il comandante venne scarcerato nel 1956. Stabilitosi in Francia sotto il falso nome di Rainer Buschmann, venne riconosciuto dai cittadini di Traves e morì nella sua abitazione a seguito di un attacco con bombe molotov nel 1976. I responsabili dell’attentato, ancora ignoti, probabilmente erano ex partigiani francesi.
Nelle foto: i tetti di Boves incendiati, il parroco don Giuseppe Bernardi e il suo vice Mario Ghibaudo e il comandante Joachim Peiper.