Il regista bovesano Sandro Gastinelli ripercorre la loro lunga amicizia
Il regista bovesano Sandro Gastinelli ripercorre la lunga amicizia che lo legava a Piero Tassone recentemente scomparso.
A poco più di un mese dal compiere 100 anni, se n’è andato il mio più grande punto di riferimento: Piero Tassone.
Insieme a mia moglie Marzia, ebbi la grande fortuna di conoscerlo una trentina d’anni fa, quando Paolo Bruno ci fece incontrare.
Costruimmo tutti insieme il suo sogno di allora: riproporre il rito antico della fienagione nella sua valle Maudagna e farlo diventare un film, “Parla de Kyé”.
Passammo in quell’epoca così tanto tempo insieme che diventammo amici veri e fu impossibile resistere alla tentazione di raccontare la sua vita in “Mari, monti e… gettoni d’oro”.
Classe 1923, era cresciuto a Friosa, una minuscola borgata di Miroglio, frazione di Frabosa Sottana, in provincia di Cuneo.
La sua vita è stata un susseguirsi di colpi di scena.
Fu soldato di guardia a Palazzo Venezia il 25 luglio 1943, la notte stessa in cui Mussolini venne destituito per ordine del Re.
Fu catturato sulle coste francesi immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre e deportato in Germania come internato militare nel campo di Rheinfelden-Baden.
A Liberazione avvenuta, ritornò a casa e patì la difficoltà di ricominciare a vivere in quegli anni di miseria nera.
Si procurò un lavoro nelle ferrovie che lo portò a trasferirsi in Liguria per lavorare di piccone e di badile sulle rotaie della Genova-Ventimiglia.
E poi la svolta nel 1957: la sua partecipazione come concorrente a “Lascia o Raddoppia?”, la trasmissione TV simbolo di quegli anni condotta da Mike Bongiorno, dove si presentò per rispondere a domande sulla storia dello sci.
Piero ebbe un tale successo che la sua vita venne completamente stravolta. Diventò, nel volgere di poche settimane, uno dei volti più conosciuti a livello nazionale, grazie all’enorme popolarità della trasmissione.
Fu grazie alla notorietà di quel periodo che riuscì a far conoscere le sue montagne all’ingegner Ugo Modena, imprenditore savonese che intuì per merito di Piero le immense potenzialità del comprensorio sciistico oggi da tutti conosciuto come “Mondolé Ski”.
Diventò addirittura comparsa di un fotoromanzo su Bolero Film e in una pubblicità del Carosello al fianco di Cesare Polacco, l’ispettore Rock che non usava mai la brillantina Linetti.
Fu ricercato dalle più rinomate stazioni sciistiche dell’epoca, decidendo infine di trasferirsi a Cervinia per lavorare come preparatore di sci per i clienti del Grand Hotel. Ebbe poi occasione di lavorare per lunghi periodi e per molti anni direttamente sul Plateau Rosa, come noleggiatore di sci e preparatore di scioline per i campioni del chilometro lanciato, oltre a condurre un negozio di sci e abbigliamento sportivo nel centro di Cervinia.
E poi il matrimonio con Piera, la donna della sua vita, sempre impegnata nel cercare di contenere almeno un po’ quel vulcano di idee e fonte inesauribile di energia che era Piero; lo ha seguito quasi ovunque, assecondandolo il più delle volte e condividendo il suo agire.
Ricordo con enorme affetto le lunghe chiacchierate in casa loro, ad Antey-Saint-André, dove non mancavamo di passare ogni volta che se ne potesse creare l’occasione. Una decina di anni fa, insieme al nostro comune amico regista Carlo Rossi, si prestò a ricordare in una foto quando rispondeva alle domande che Mike Bongiorno gli poneva attraverso le cuffie, nella cabina di vetro di “Lascia o Raddoppia?”. Mi piace ricordare Piero e Piera così, lei divertita e lui autoironico come ha sempre saputo essere, nell’armonia della loro casa.
Aveva un carisma di proporzioni smisurate Piero, era impossibile non rimanerne ammaliati.
Ricordo quanto sapesse rapire l’attenzione soprattutto dei più giovani. L’ho visto più d’una volta, al termine delle proiezioni di “Mari, monti e… gettoni d’oro”, tirare tardi con persone di 60 anni più giovani, dispensando a piene mani racconti, aneddoti, modi di dire e di essere, che diventavano per tutti esempio, ammirazione, emulazione.
Sono grato a Piero per avermi concesso di far parte della sua vita e per avermi dato modo di godere del suo carisma, della perspicacia dei sui ragionamenti e del suo agire, del suo saper essere prima che apparire.
Mi diceva spesso: “Per me viene sempre notte troppo presto”, per significare quanto fosse corto il giorno per farci stare dentro tutte le cose che aveva da fare, tanti e tali erano i suoi progetti e i suoi interessi. Sempre intento ad appassionarsi a ciò che i giorni, uno dopo l’altro, cucivano sul suo calendario.
Come quando seppe diventare scultore, con una produzione di opere sempre più ambiziose.
O come quando mi diceva di voler trasmettere a suo nipote Filippo la passione per lo sci e, a 95 anni suonati, mi faceva mandare un video che li ritraeva insieme, proprio a sciare, sulle nevi di Cervinia.
Grazie a Piero e al tempo passato con lui, io, insieme a Marzia e poi, di conseguenza, ai nostri figli Edith e Leo, abbiamo capito quale fosse la nostra strada: è stato un esempio costante e concreto, ogni giorno siamo ciò che lui ci ha fatto capire di poter essere, e di questo gliene saremo sempre grati.
Non perderò occasione, ogni volta che potrò, di ricordarlo, raccontarlo, specialmente ai più giovani.
Un abbraccio alle sue figlie Laura e Tiziana da parte di tutti noi, con la certezza che la serenità accompagnerà sempre il ricordo del loro papà.
Piero sarà sempre con tutti noi.