Cia Cuneo: “Un 2023 complesso, ora bisogna rivedere il sistema agricolo”
Il presidente provinciale Claudio Conterno sottolinea come il mondo rurale della “Granda” non stia così bene e chiede un tavolo con l’industria agroalimentare e risposte chiare e veloci da parte delle Istituzioni
Claudio Conterno, titolare, insieme a Guido Fantino, di un’azienda vitivinicola biologica a Monforte d’Alba, è stato rieletto presidente della Cia provinciale di Cuneo nel gennaio 2022. Con lui abbiamo tracciato un bilancio della stagione agricola 2023 per quanto riguarda il territorio della “Granda”.
Sottolinea: “È stata un’annata complessa. Nelle aree dove ha grandinato i danni sono stati pesanti. Ma anche nelle altre zone gli agricoltori hanno dovuto sempre rincorrere e tamponare le emergenze che si presentavano: la siccità, poi la troppa pioggia, infine il caldo estremo. E rincorrere è molto differente dal poter invece correre per sviluppare l’azienda. Nonostante tutto però, grazie al molto impegno messo in campo, la qualità delle produzioni è stata buona. Il problema più grande rimane il prezzo di vendita dei prodotti. Nel comparto vitivinicolo siamo riusciti a ottenere una remunerazione adeguata, ma negli altri settori il guadagno è davvero poco e, spesso, si lavora in perdita. Molti agricoltori, dalla loro attività non riescono a ricavare uno stipendio dignitoso”.
Le criticità, però, non finiscono qui: “A questi problemi si aggiungono l’incontrollato aumento dei tassi di interesse applicati dalle banche sui mutui e sui finanziamenti e la poca chiarezza e informazione da parte dell’Unione Europea sulle norme da applicare. Le regole servono e sono da rispettare, ma ora c’è troppa confusione. E non parliamo del bando del Pnrr per i contratti di filiera agroalimentare del quale, dopo quasi due anni dall’uscita, non si conosce ancora la graduatoria. Di fronte a ritardi del genere, per le aziende è impossibile programmare il futuro”. Ne consegue un comparto rurale della Granda che presenta uno stato di salute preoccupante: “Perché le aziende ci pensano dieci volte prima di investire. Quindi, vuol dire che c’è poco fieno in cascina. Ma se non investi diventa difficile stare dietro alle innovazioni e crescere. E ricordiamo che l’agricoltura della provincia di Cuneo, con un 50% del fatturato regionale, è uno dei motori trainanti dell’economia del Piemonte: se rallenta o si ferma mette in crisi la tenuta e lo sviluppo dell’intero sistema”.
I problemi si amplificano quando si allargano le produzioni: “Il problema maggiore è con l’industria agroalimentare. Bisogna sedersi subito attorno a un tavolo per trovare un accordo che, partendo dai costi di produzione dell’agricoltore, oggi calcolabili in modo preciso, riconosca per ogni coltura o animale allevato un prezzo di vendita in grado di rendere l’azienda sostenibile a livello economico. Non è possibile per il mondo rurale rimanere sempre con l’acqua alla gola, perché continuando a strozzare la gallina si arriva al momento in cui non potrà più produrre uova. Bisogna avviare un’agricoltura differente rispetto al passato dal punto di vista della programmazione e dell’operatività. Un esempio? Studiando progetti capaci di favorire il dialogo e la collaborazione tra le aziende”.
Serve, insomma, secondo Conterno, un intervento diretto da parte delle Istituzioni, che “devono scrivere poche regole, ma chiare e precise. E poi, dare risposte veloci alle aziende: in un mondo che corre non si può ogni volta attendere troppo tempo. Purtroppo, abbiamo una macchina burocratica rimasta ferma agli Anni Novanta e che si è ulteriormente complicata nei decenni successivi”. Alla luce di tutti questi dati, le prospettive per il 2024 non sono esattamente le più rosee: “Vedo ancora una stagione difficile, ma gli agricoltori devono puntare sempre sulla qualità. Gli altri fronti aperti richiedono l’avvio di percorsi nuovi, che rivedano il sistema agricolo a livello di programmazione e di indirizzo. In sostanza, con l’industria agroalimentare bisogna aprire il tavolo di confronto per ottenere la giusta remunerazione dei prodotti. Alla politica tocca il compito di dirci cosa vuole farne della nostra agricoltura”.