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Le nostre domande a Filippo Blengino, nominato tesoriere nazionale di Radicali Italiani

1 febbraio 2024 | 10:41
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Le nostre domande a Filippo Blengino, nominato tesoriere nazionale di Radicali Italiani

Il segretario dell’Associazione Radicali Cuneo “Gianfranco Donadei” ha assunto una posizione di vertice nel gruppo politico e ha le idee chiare su quale siano i prossimi passi da intraprendere per tornare ad essere “il pungolo della politica”.

A conclusione del XXII Congresso Nazionale dei Radicali Italiani tenutosi a Roma lo scorso 27 gennaio, sono stati nominati anche i nuovi vertici del gruppo politico. Un’organigramma ai vertici del partito all’insegna della gioventù, dato che come Segretario è stato nominato Matteo Hallissey (20 anni), diventato il più giovane segretario di partito in Italia, come PresidentePatrizia De Grazia (25 anni) e come Tesoriere il cuneese Filippo Blengino (23 anni), segretario dell’Associazione Radicali Cuneo “Gianfranco Donadei” e volto noto del radicalismo piemontese e non solo con le sue iniziative politiche e le sue disobbedienze civili. Ed è proprio a quest’ultimo che abbiamo fatto alcune domande in merito alla fresca nomina che rappresenta un ulteriore passo in avanti nella sua carriera politica.

– Sei stato nominato tesoriere nazionale dei Radicali Italiani. Qual è la tua emozione per questa nomina?

Ovviamente è stato molto emozionante, soprattutto perché essendo un movimento storico sento tutto il peso della storia sulle spalle. Stiamo parlando del partito che, tra vari cambiamenti, resta il più longevo della storia della Repubblica. Quindi c’è molta emozione e anche un po’ di paura da un certo punto di vista, però direi che siamo partiti bene perché ci sono molte idee e cose da fare e quindi l’aspetto emozionale viene superato dalla voglia di fare. Però soprattutto al momento della proclamazione c’è stato un attimo di confusione, non lo nascondo.

– I Radicali Italiani hanno composto un organigramma molto giovane, Hallissey è il più giovane segretario di partito in Italia. Che segnale è? Quale valore aggiunto può portare al vostro gruppo questa scelta?

Non mi piace troppo la questione generazionale come termine. C’è un gruppo di lavoro anagraficamente trasversale che da tanti anni lavora per un cambio di passo rispetto ad alcune tematiche. Radicali Italiani negli ultimi anni si è un po’ seduto su certe questioni che rappresentano delle battaglie giuste e da portare avanti. È una questione di veduta, più che generazionale. Poi è vero che in tre facciamo 69 anni, quindi indubbiamente l’aspetto anagrafico ha una sua importanza. Sicuramente questo aspetto ci aiuterà molto nel comunicare con i giovani, che sono il nostro principale target di riferimento. Già negli anni Settanta ci fu un segretario ventenne e questo dimostra che nei Radicali non conta l’età ma la competenza e le motivazioni.

– Tu hai detto che i Radicali devono tornare ad essere il pungolo della politica. Come pensate di portare avanti questo obiettivo?

Intanto non è una cosa facile. Anche perché nel mondo radicale ci sono una serie di realtà a noi affini con cui giocoforza dovremo interfacciarci e cercare di collaborare al meglio senza diventare competitori. Secondo me la strada migliore è tornare ad utilizzare il metodo radicale, fatto di disobbedienze civili, digiuni e azioni anche se vogliamo “di fantasia”, con sit-in e gesti eclatanti per scuotere società e istituzioni. In particolare le disobbedienze civili secondo me in questo momento devono diventare la priorità per noi. Ci sono tanti temi su cui è importante attivarsi. C’è la questione cannabis ma non solo: siamo davanti ad un governo che sta rendendo illegale tutto, pensiamo al “decreto rave”. Il tutto senza dimenticare la questione transnazionale. Ad esempio abbiamo in programma di fare un Comitato Nazionale direttamente a Taiwan per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa questione. Non è mai successo che un partito italiano faccia una cosa del genere. Inoltre sarà fondamentale portare avanti una comunicazione più efficace, specialmente sui social, per poter parlare meglio ai giovani e non solo.

– Sembrano passati secoli da quanto i Radicali avevano un consenso trasversale e considerevole anche dal punto di vista elettorale. La carenza in tal senso che si vede da diversi anni a questa parte può essere imputata anche ad una frammentazione della galassia radicale notevole (+Europa, associazioni varie, ecc.). Tu sei anche iscritto a +Europa: come ritieni che possa svilupparsi una collaborazione proficua tra queste varie realtà per avere quantomeno una voce compatta come accadeva in passato?

Credo che il punto nodale sia il rapporto con +Europa: siamo due partiti con il due per mille, ognuno col suo simbolo. Credo che questa situazione la si possa superare lasciando che +Europa continui a fare quello che fa e dunque ad essere un soggetto elettorale. Radicali Italiani secondo me oggi non deve avere troppe pretese elettorali. È giusto che possa avere dei propri candidati nelle liste di +Europa, anche in vista delle elezioni europee, ma credo che si debba lasciar perdere per il momento il discorso candidature dirette alle elezioni per tornare ad essere veramente un movimento. È più facile a dirsi che a farsi, però tornare ad essere un pungolo con iniziative “sul marciapiede”, come diceva Pannella, sia la cosa più importante per noi in questo momento. In questo modo si potrebbe creare un intreccio tra le varie realtà: un aspetto più istituzionale con +Europa e più specifico sulle varie battaglie con le varie associazioni, Meglio Legale per la cannabis, l’Associazione Luca Coscioni per le carceri e tante altre.

– Quali sono i vostri obiettivi, elettorali e non, sul breve termine?

Alle Regionali e alle Europee il comitato dovrà decidere cosa fare, ma credo che al massimo ci sarà un sostegno ad altre liste. Le priorità in questo momento sono altre due: organizzare una mobilitazione sull’Ucraina, in vista del secondo anniversario dall’avvio dell’aggressione russa (il 24 febbraio, ndr) e la questione carcere. Stiamo valutando di rilanciare la campagna “Devi vedere” che ha portato ottimi risultati, soprattutto alla luce dei tredici suicidi in carcere che si sono già verificati quest’anno. È una situazione totalmente emergenziale.

– Perché secondo te i giovani dovrebbero avvicinarsi ai Radicali?

Innanzitutto nei Radicali Italiani i giovani contano davvero. Negli altri partiti un giovane può sperare solo di montare i banchetti, da noi si può diventare segretari di partito o membri del direttivo. Abbiamo avuto anche membri del Comitato Nazionale minorenni, per capirci. Poi perché c’è una grande attenzioni alle politiche generazionali, penso anche a tutto il discorso sull’economia, la questione del debito pubblico e tutto il resto. Poi, indipendentemente da come la si pensi, i Radicali Italiani rimangono una palestra politica unica nel suo genere. Da questo gruppo sono usciti dei giganti della politica. È un partito in cui ci si forma, si riesce a studiare, ad approfondire i temi mettendo le mani in pasta. C’è un problema carcere? Noi andiamo nelle carceri, non facciamo semplicemente il comunicato stampa come negli altri partiti.