Oggi è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, contro i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
Giunta ormai alla sua dodicesima edizione, la giornata del 15 marzo è dedicata a livello nazionale alla sensibilizzazione e al contrasto di una delle piaghe più nefaste che affliggono la nostra società, soprattutto quando si parla di giovani. Ecco la sua storia.
Si celebra oggi, 15 marzo, come ormai da tradizione, la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione e al contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione in tutte le loro forme. Un appuntamento importante, particolarmente sentito nella società di oggi, dove il problema dei disturbi alimentari si fa sentire prepotentemente, soprattutto tra i più giovani.
La Giornata Nazionale è stata ufficialmente riconosciuta dal governo a partire dal 2018, anche se si è celebrata in maniera ufficiosa già dal 2012, quando l’associazione “Mi nutro di vita” di Pieve Ligure (GE), cominciò a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle piaghe più inquietanti della società. L’idea da cui è partito tutto venne a Stefano Tavilla, padre di Giulia, morta a 17 anni a causa della bulimia, proprio il 15 marzo, quando era in attesa di essere ricoverata in una struttura specializzata in questo tipo di problematiche. L’iniziativa, dal genovese, si è espansa a macchia d’olio in tutta Italia, diventando nel giro di pochi anni un appuntamento sentito per chi ne è stato direttamente coinvolto, per le famiglie, ma anche per tutti coloro che non hanno avuto in alcun modo esperienza diretta di tali fenomeni, con una particolare attenzione per le scuole, che hanno notevolmente aumentato le attività di sensibilizzazione nei confronti di tali disturbi nel corso dell’ultimo decennio.
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (precedentemente noti come disturbi del comportamento alimentare, DCA) comprendono tutte quelle malattie psichiatriche che comportano in chi ne è vittima, attraverso la strutturazione di pensieri patologici e ossessivi verso il proprio corpo e verso il cibo, un’alterazione del comportamento alimentare, che diventa disfunzionale alla vita stessa di chi ne è colpito, fino a comportare il rischio concreto di morte, nei casi più gravi. Rientrano all’interno di queste patologie l’anoressia, la bulimia, il binge eating, l’obesità e tutti gli altri disturbi non altrimenti specificati (Ednos).
Tali disturbi risultano molto difficili da curare. In primis per la loro natura psichiatrica, che fa sì che la vittima risulti completamente convinta (oltretutto quasi sempre in maniera ossessiva) della sua visione distorta nei confronti del proprio corpo o del cibo. Proprio questo fatto fa sì che tali patologie finiscano per intaccare l’organismo a 360°, con gravi danni non solo alla psiche, ma anche al corpo (gli organi interni ma anche le componenti esteriori, come la pelle e i capelli), oltre al carattere e al comportamento di chi ne è colpito. In molti casi, ad esempio, chi soffre di tali disturbi finisce per cadere anche in altre condotte problematiche, come l’autolesionismo o le tendenze suicidarie. Per tutti questi motivi, per risolvere queste problematiche è indispensabile l’intervento congiunto di molte professionalità (dallo psicologo al nutrizionista, dal medico di base agli specialisti in vari ambiti), oltre che un sostegno totale da parte delle famiglie di chi ne è colpito, che non sempre è scontato.
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione rappresentano una delle peggiori piaghe che affliggono la nostra società, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Rappresentano infatti la seconda causa di morte in età adolescenziale nel nostro Paese dopo gli incidenti stradali. Tuttavia non è semplice stimare con cifre precise un fenomeno che spesso rimane ancora sotterraneo e difficile da accettare. Secondo l’ultimo report in proposito della Fondazione Veronesi (datato 12 dicembre 2022), il numero di persone che soffrono di un qualche tipo di disturbo alimentare si aggirerebbe nel nostro Paese attorno ai 5 milioni, in netto aumento da dopo l’inizio della pandemia da Covid-19. La stragrande maggioranza di esse sarebbe costituita da giovani di massimo 16 anni, con uno sviluppo di tali disturbi che appare sempre più precoce, attorno ai 10 anni. Prevale ancora nettamente, poi, il numero delle ragazze rispetto a quello dei ragazzi, anche se spesso con questi ultimi si fatica molto di più ad accorgersi del problema e ad ammetterlo. Tali dati, però, si basano soltanto sull’esperienza empirica e sulle stime dei centri di ricerca e delle strutture specializzate, non esistendo registri ad hoc diffusi al di fuori di esse. Pertanto il numero di persone che soffre, anche in maniera non gravissima, di disturbi di questo tipo potrebbe essere molto più grande.
C’è ancora molto lavoro da fare, con i centri specializzati che appaiono ancora troppo pochi e mal segnalati e spesso l’incapacità di intervenire tempestivamente per bloccare sul nascere tali patologie, che impattano in maniera devastante anche sulle famiglie dei colpiti, da parte dei medici e del nucleo famigliare stesso. Sono stati fatti enormi passi in avanti, invece, per quanto riguarda la sensibilizzazione del problema, e il merito è soprattutto della Giornata del Fiocchetto Lilla e di tutte le iniziative legate a questi disturbi (come la “panchina lilla” di Corso Dante, nella nostra città). Se fino a non molto tempo fa questo tipo di patologie erano vissute spesso con vergogna e senso di colpa da chi ne era colpito e incomprensibili da un occhio esterno, soprattutto nelle realtà più piccole, oggi invece esse appaiono come problematiche che riguardano tutti e che tutti devono contribuire, nel proprio piccolo, a cercare di debellare. Il primo passo in tal senso, è come sempre rappresentato dalla conoscenza del fenomeno. E dunque l’auspicio è che la Giornata del Fiocchetto Lilla possa contribuire, di anno in anno, a compiere dei concreti passi in avanti in questa lotta da parte di istituzioni e privati cittadini.
Si ricorda che in tal senso è a disposizione della collettività da alcuni anni un ulteriore alleato all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie, il “codice lilla”. Mediante quest’ultimo, il paziente che soffre di un qualche disturbo alimentare può essere accolto dal personale sanitario con procedure mediche e terapeutiche adattate al caso specifico, sulla base della gravità e condizione in cui si presenta.