Cuneo Pride, il percorso di Andrea dalla vita religiosa all’attivismo LGBTQIA+
“L’attivismo è frutto di una passione, di un’attitudine all’altro. In direttivo abbiamo 2 persone su 5 eterosessuali il ché dimostra che impegnarsi per i diritti delle persone Queer non implica necessariamente esserlo. Certamente ti espone, ma l’attivismo è anche questo: metterci la faccia.”
Nasce la nuova rubrica di Cuneo24 chiamata “Oltre l’etichetta”, che vuole raccontare storie poco conosciute di persone che, ogni giorno, lottano per un mondo più inclusivo e più giusto. Si tratta di persone comuni che possiamo incontrare per strada, al lavoro, o che fanno parte della nostra cerchia di amici, e che portano avanti con impegno e dedizione i valori di uguaglianza e rispetto.
La prima persona che vi raccontiamo è Andrea. Andrea è un manutentore che, all’età di 20 anni, ha scelto di dedicarsi alla vita monastica, vivendo in comunità per otto anni. Dopo aver lasciato la vita religiosa, si è sposato e ha condiviso oltre dieci anni con la sua ex moglie, per poi trovare un nuovo percorso di vita accanto al suo attuale compagno. Andrea si impegna con Arcigay Grandaqueer come simpatizzante per poi cominciare a frequentare corsi inerenti alla salute sessuale con la collaborazione dell’Istituto Spallanzani di Roma. Entra infine a far parte del Direttivo dell’associazione.
Attraverso la sua storia e quelle di altre persone come lui, vogliamo descrivere cosa significa sostenere i diritti LGBTQIA+ e come, a partire da piccoli gesti quotidiani, si possa costruire una società più inclusiva.
Grazie Andrea per questa intervista. Come ha trasformato la tua idea di amore il passaggio dalla comunità monastica al matrimonio e alla convivenza con il tuo compagno?
L’ idea di Amore che ha mosso ogni mia scelta non lo vedo tanto come frutto di una trasformazione, quanto come un percorso. Fin da bambino ho avuto idea che la vita fosse un qualcosa che andasse vissuto con impegno e da qui la scelta di dedicarmi il più possibile agli altri attraverso l’esperienza religiosa. Tuttavia, la mia indole mi faceva vedere il mondo ecclesiastico limitato e limitante: in fondo ciò che facevo e ciò che potevo essere per le altre persone (un amico, un confidente, un sostegno,…) avrei potuto continuare a esserlo anche al di fuori. Poco dopo aver abbandonato questa esperienza ho conosciuto una persona speciale che è diventata mia moglie e che era al corrente che nel mio passato c’erano anche stati degli uomini. Con lei ho condiviso anni e momenti unici, indimenticabili e ciò ci lega ancora molto, in maniera indissolubile. Poi ho incontrato il mio attuale compagno che è stato il coronamento di quel percorso che in qualche maniera, forse un po’ tortuoso, stavo facendo, alla ricerca di me stesso e del mio posto nel mondo. Non per niente ho fatto tatuare a grandi lettere su di un braccio “NOT ALL THOSE WHO WANDER ARE LOST”, non tutti coloro che vagano si sono persi, un passo del Signore degli Anelli che rende perfettamente l’idea del continuo essere e sentirsi in cammino verso qualcosa/qualcuno.
Sei un sostenitore attivo del CuneoPride, come sostenitore attivo quali emozioni hai provato la prima volta che hai partecipato?
Il primo Pride di Cuneo è stato anche il mio battesimo come attivista di Arcigay quindi una doppia emozione. Ho avvertito l’Orgoglio in tutta la sua portata emotiva e il carico di responsabilità: se tante persone erano lì, di ogni età, etnia, sesso, estrazione sociale, era perché aspettavano quel momento e riponevano in noi grandi speranze.
I rapporti con i colleghi sono mai stati influenzati dal tuo impegno per il Cuneo Pride o la tua attività per Arcigay Grandaqueer?
I miei colleghi mi hanno conosciuto in un matrimonio eterosessuale, adesso sanno di me, che ho un compagno e che partecipo attivamente alle attività della Comunità e direi nessun problema. Qualcuno, in un discorso a quattrocchi, ha chiesto qualcosa di più sulla mia vita e ciò l’ho visto positivamente perché il raccontarsi è raccontare tutta la Comunità e quindi aiutare a capire le nostre istanze.
Nel tuo percorso di vita, quali sono state le persone che ti hanno supportato di più?
Ho fatto Coming out in casa e quindi in ogni altro ambito familiare a quasi 50 anni. La prima persona che mi ha supportato è stata la mia ex moglie, poi tutte le persone che hanno continuato ad esserci perché hanno saputo vedere che l’Andrea che ora avevano di fronte era quello di sempre, nel bene e nel male. Naturalmente la mia famiglia che ha accolto il mio compagno come lo aveva fatto con mia moglie e con la stessa naturalezza di sempre.
Come convivente con il tuo compagno, hai mai affrontato difficoltà o pregiudizi a causa del tuo orientamento e del tuo sostegno al CuneoPride?
Sarà che Saluzzo è un mondo a parte, sarà che il mondo è forse un po’ più avanti dello spaccato sociale evidenziato dalla politica, ma non ho mai provato pregiudizio nei miei confronti, né qui né a Torino che frequento con regolarità e dove lavoro (per inciso, al lavoro porto sempre con me simboli del mondo LGBTQIA+ come testimonianza di appartenenza orgogliosa), né in altri luoghi.
Quali sono le sfide più grandi che affronti per sensibilizzare la comunità locale?
La comunità locale non è, per la maggioranza, ostile. Tuttavia, è chiaro che tutto fila liscio finché la struttura della coppia è quella eteronormata, quindi il più possibile aderente al modello sociale di tipo cattolico e patriarcale. A questo aggiungerei che colore della pelle e sesso diventano ulteriore motivo di disappunto se non di ostilità. Del resto, la lotta intersezionale è ormai parte integrante delle istanze di Arcigay.
Ci sono stati episodi nella tua vita quotidiana che ti hanno ispirato a intraprendere battaglie o a rafforzare il tuo impegno per il CuneoPride?
Da uomo sposato all’interno di un alveo sociale dominante mi sono trovato sull’altra sponda chiedendomi: ma è possibile che diritti e doveri universali possano cambiare dall’oggi al domani solo per chi si infila tra le mie lenzuola? Davvero ciò che di più personale ed intimo come eligere la persona che è te in tutte le vesti (sociali, giuridiche, …) debba passare attraverso il vaglio di terzi spesso imbevuti di pregiudizi che sono figli dell’ignoranza? Questa però, mi sono accorto col tempo, era solo la punta dell’iceberg perché non passa giorno che qualche ingiustizia sociale nei confronti della Comunità e no, venga a galla.
C’è stato un momento in cui hai capito che dovevi scendere in prima linea per i diritti LGBTQIA+? Puoi raccontarci di un episodio in cui hai sentito di fare la differenza?
Non c’è stato un momento preciso: una volta messomi a disposizione, nel vedere tante persone felici, grate per quello che facevo, ingaggiate per le nostre iniziative, libere di esprimersi, ho capito il senso e l’importanza di ciò che davo una mano a fare.
Quale ruolo pensi possa avere il Cuneo Pride per il futuro della comunità LGBTQIA+ nella provincia di Cuneo?
Il Cuneo Pride è un momento importante, fortemente identitario e non può che esserlo una volta di più. Al di là dei numeri, ogni anno sempre più aziende e Associazioni si interessano alle nostre iniziative questo a riprova di quanto incisiva sia la nostra azione sul territorio. Il nostro desiderio è quello di catalizzare le istanze di più parti possibili della società civile e della Comunità LGBTQIA+, farle nostre nella lotta intersezionale che ci contraddistingue. Inoltre, viviamo, come associazione, il Pride come un momento di grande visibilità, ma anche come coronamento di tutte le attività in campo di salute sessuale, formazione presso scuole e aziende, di vicinanza attraverso linee telefoniche dedicate, etc.
Hai mai incontrato resistenze o pregiudizi riguardo al tuo impegno per i diritti LGBTQIA+? Come hai affrontato queste situazioni?
Paradossalmente le resistenze più grosse all’attivismo le ho trovate proprio da parte di persone queer che non si riconoscono nelle lotte della Comunità, ma preferiscono adeguarsi a modelli tradizionali eteronormati e patriarcali. Cosa dire a persone che hanno trovato una personale comfort zone? Certo, si ribadisce che quanto ottenuto è frutto di una lotta, che i diritti vanno goduti ma anche protetti, tuttavia non è facile.
Quali consigli daresti a chi vorrebbe impegnarsi per i diritti LGBTQIA+ ma ha paura delle possibili reazioni degli altri?
L’attivismo è frutto di una passione, di un’attitudine all’altro. In direttivo abbiamo 2 persone su 5 eterosessuali il ché dimostra che impegnarsi per i diritti delle persone Queer non implica necessariamente esserlo. Certamente ti espone, ma l’attivismo è anche questo: metterci la faccia. Inoltre, la Comunità ha a cuore chiunque si avvicini e si fa carico della sua persona e l* protegge.