Camminare lungo le strade di una mostra: “Elio Garis. La materia dello spirito” a Savigliano
Le mie riflessioni sulla mostra che ho curato e che è in corso a Palazzo Cravetta
Parlare di quello che si fa, è sempre rischioso perché può apparire presuntuoso. Da quando scrivo per l’arte, come critico freelance, spesso ho citato Antonio Machado (1875-1939), considerato uno dei maggiori poeti spagnoli del Novecento, e il suo poema Caminante. “Viandante, non c’è sentiero, il percorso si da camminando” (caminante, no hay camino, se hace camino al andar). Sono molteplici le traduzioni ma il pensiero rimane il medesimo: non c’è un cammino ma soltanto il camminare. Il poema viaggia su queste corde che diventano metafora di molteplici letture che tutte hanno al centro, la vita, l’esistenza.
Ho accettato con piacere la proposta dell’amico caporedattore di Cuneo24 Fabio Rubero, di riflettere sulla mostra che ho curato e che è in corso a Savigliano fino al 2 febbraio (visitabile gratuitamente il sabato e la domenica dalle 15 alle 18.30 o su prenotazione telefonando al numero 0172_710235 ndr). Una mostra è sempre un progetto ed è un cammino che soltanto percorrendolo conduce al risultato finale, l’esposizione vera e propria. La mostra di cui voglio provare a raccontare ha un titolo, “Elio Garis. La materia dello spirito” e due sottotitoli, “Genesi dell’opera” e “Genesi della mostra”.
Il titolo rimanda direttamente alla storia artistica di Garis, ai suoi quasi cinquant’anni di ricerca in cui ha sperimentato molteplici materie, dalla terracotta al vetro, dal gesso ai metalli, dalle sabbie ai bronzi. La sua poetica indaga da sempre la materia e le sue peculiarità, con un procedere che è moderno e antico al contempo. La materia, anzi, le materie è/sono il veicolo evocativo e al contempo comunicativo di qualcosa che le trascende e che va verso lo spirito, parla all’anima. L’anima (psyke nel greco antico), si avvicina al lemma moderno di anima che, connesso col greco ànemos significa soffio, vento che è la parte vitale e spirituale di un essere vivente, comunemente ritenuta distinta dal corpo fisico, assimilabile al respiro. E di tutta evidenza che gli artisti si avvalgono di materie, ma non sono solo le materie che conferiscono un valore alle loro opere, evidentemente; così come per gli scrittori, non sono le parole che hanno un valore, ma la forma che assumono nei loro testi, la struttura compositiva, il suono poetico, etc. Si può dire lo stesso per i musicisti, le note sono sette ma è il come le utilizzano, come le organizzano a creare la composizione musicale.
In uno dei suoi Quaderni Beethoven scrive, «Nell’anima, come nel mondo fisico, agiscono due forze entrambe ugualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di repulsione». L’intuizione del grande compositore è peraltro confermata dalla scienza moderna. Si potrebbe dire che l’universo respira e che, esattamente come la nostra respirazione, basata sui due movimenti contrapposti d’inspirazione ed espirazione, esso si espande e al contempo si contrae producendo unioni sotto forma di atomi, stelle, pietre, galassie e una sconfinata sequenza di esseri viventi”.
Le forme di Garis sono flussi di linee che rispondono a questi principi; concavità/convessità, curve, flessi, etc. le azioni stesse che le hanno generate incorporano, inevitabilmente, questa dimensione. Ed è quella che gravita nelle riflessioni sulle onde di Palomar di Italo Calvino e al contempo quella di un monaco buddista che costruisce il suo mandala ma è anche al contempo quella di un bambino, di tutti noi bambini che, su una spiaggia, disegniamo sulla sabbia.
Nella mostra, il racconto dell’opera, si dipana attraverso la sua genesi (Genesi dell’opera): dai disegni/bozzetti/studi/fasi di lavorazioni, fino all’opera compiuta. Narrare il percorso rimanda ancora al cammino, alle strade. E la mostra non è soltanto questo ma è anche il percorso fatto, durante un anno scolastico, incontrando gli studenti (Genesi della mostra). Presentando il suo lavoro e, ancor prima, offrendolo alle loro riflessioni libere, attraverso think tank, d’inesperti in questo caso, che elaborano pensieri attraverso le parole che suscitano le sue opere; creando clouds avvalendosi di un’app-licazione mentimeter. Gli insegnanti che hanno partecipato a questa fase hanno agito, consciamente o inconsciamente, con il criterio di ricerca della verità di Socrate, la maièutica, che ha posto le basi ai successivi sviluppi pedagogici. Da questo percorso didattico è nato il testo critico degli studenti, presentato in mostra, come il mio testo, ed entrambi saranno pubblicati nel catalogo, necessariamente dopo l’inaugurazione, per documentare anche la fase dell’allestimento; insomma, per compiere insieme tutta la strada. Gli studenti hanno avuto modo di ascoltare Garis dialogando liberamente e sono stati coinvolti nella stesura di altre riflessioni, per corredare criticamente le didascalie delle opere presenti nella mostra.
Trattandosi di studenti di un corso a indirizzo “Grafica e comunicazione” hanno prodotto elaborati specifici: manifesti, cartoline/invito, banner per quotidiani o per i social, caroselli sempre per i social, clip video. Ogni incontro, fino alla visita nello studio dell’artista, è stato documentato attraverso fotografie e video, naturalmente affidati a loro. Una sezione della mostra presenterà tutti questi risultati. L’apertura della mostra la cureranno gli studenti dell’indirizzo “Turismo”, presente nello stesso Istituto, fungendo quindi da guide al momento espositivo.
Un progetto, iniziato con una chiacchierata con l’artista nel maggio 2023, è diventato pubblico il 26 ottobre 2024. La sede che l’Assessorato alla Cultura del Comune di Savigliano ha proposto per ospitare la mostra è una dimora storica, “Palazzo Muratori-Cravetta”, al numero 10 di via Jerusalem, un tempo nota come contrada dipinta, per le numerose facciate affrescate. Il complesso architettonico di oggi ha origine dall’accorpamento di tre proprietà nobiliari: quella dei Corvo, dei Tapparelli e dei Muratori. Qui soggiornarono personaggi illustri come il Re di Francia Francesco I nel 1515, e l’Imperatore Carlo V nel 1536.La trasformazione dell’edificio nella forma attuale fu intrapresa da Giovanni Francesco I Cravetta, Primo Presidente del Senato ducale, e conclusa dal nipote Giovanni Francesco II.
Molte sono le mostre che ho curato, o co-curato, nel corso della mia vita e questa, cui hanno collaborato: la collega Manuela Cosentino, soprattutto per le parti testuali elaborati con gli studenti, e per la parte grafica, la collega Rachele Viti. Di questa mostra sono particolarmente orgoglioso perché in qualche modo coniuga, quelle che penso siano le mie qualità umane, la mia trasversalità disciplinare, si direbbe con una terminologia tipicamente scolastica/burocratese; ma che si potrebbe dire, molto più semplicemente, umana, non essendo noi, si spera, blocchi monolitici chiusi in gabbie ideologiche, essendo invece esseri viventi in trasformazione.
Diamo un attimo i numeri, anche se alcuni li ho già dati: 1 artista Elio Garis; 1 scuola Istituto d’Istruzione Superiore “Cravetta-Marconi” e due indirizzi: Grafica e comunicazione e Turismo; 1 curatore Marco Filippa affiancato da 2 collaboratrici Manuela Cosentino e Rachele Viti; 96 allievi; 7 docenti che hanno partecipato: Manuela Cosentino, Michelle Fedele, Marco Filippa, Raffaella Gaidano, Monica Lerda, Annamaria Pelissero, Mirella Sereno e Rachele Viti; 1 Comune organizzatore Città di Savigliano nella figura dell’Assessore Roberto Giorsino e della Responsabile del settore cultura Laura Mellano e per l’ufficio tecnico Gabriella Filomena ; 2 Enti patrocinanti la Regione Piemonte e la Provincia di Cuneo; 3 sostenitori economici Fondazione CRS, Banca CRS, la tipografia Fotoincisa Effegi. 116 è il totale delle partecipazioni a vario titolo. Un progetto corale che dimostra, se fosse necessario farlo, che le cose, praticamente tutte, vivono nell’interazione di molti e lo affermo da individualista perchém penso chem ognuno di noi è un laboratorio umano assolutamente importante, ma nella relazione nascono le cose. E la scuola è relazione, come lo è l’arte.
L’arte di Garis potrebbe essere definita astratta, ma mi piace più pensare che è semplicemente non figurativa. In merito voglio lasciarvi con una riflessione. Visitando la mostra, guardando le opere, e quindi non accontentandovi di vederle, pensate al vostro rapporto con la musica. Mai vi siete chiesti o vi chiederete, che significato hanno i brani che amate, che vi fanno emozionare, vibrare come diapason, accordandovi, misteriosamente, con quei suoni. Lasciatevi guidare da questo stesso tipo di logica esperienziale e inizierete sicuramente a sintonizzarvi con le linee di Garis, lasciando scivolare la mente, attraverso i vostri sguardi, in una dimensione di conoscenza altra di cui abbiamo assolutamente necessità, pur essendo perfettamente inutile, se misurata praticamente.