Cuneo Pride, la voce di Elena: una mamma e un’attivista che lotta per l’inclusione

9 gennaio 2025 | 16:27
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Cuneo Pride, la voce di Elena: una mamma e un’attivista che lotta per l’inclusione

“Noi genitori abbiamo il dovere di sostenerli, soprattutto nell’età adolescenziale, quando sono alla ricerca di approvazione e desiderano sentirsi liberi. Non c’è nulla da accettare, ma solo da accogliere!”

“Oltre l’etichetta” continua il suo viaggio raccontando le persone che lottano per un mondo più giusto e inclusivo. In questo articolo parleremo di Elena, una donna lavoratrice, madre di due figli, ma anche un’instancabile attivista per i diritti LGBTQIA+. La sua vita è cambiata nel 2015, quando Andrea, suo figlio, ha fatto coming out, dichiarando ai genitori di essere gay. Da quel momento, Elena ha scelto di metterci la faccia, diventando un punto di riferimento per genitori e giovani attraverso il suo impegno concreto in Arcigay Cuneo.
Elena ci ha raccontato con orgoglio come la sua esperienza di madre l’abbia motivata a lottare per un mondo più inclusivo, sostenendo suo figlio e offrendo speranza a tanti altri giovani e famiglie. È convinta che ogni genitore debba accogliere, ascoltare e combattere i pregiudizi, mettendoci la faccia senza fermarsi davanti ai giudizi altrui.
In questa intervista ci racconta cosa significa per lei “metterci la faccia”, le emozioni vissute durante i Pride e l’importanza di non fermarsi mai davanti ai giudizi altrui.

Grazie Elena per questa intervista. Puoi raccontarci degli aspetti della tua vita quotidiana e del tuo lavoro in ospedale e in che modo la tua esperienza ti ha aiutata a capire e supportare meglio la comunità LGBTQIA+?
La mia vita quotidiana è semplice e si divide tra amicizie, lavoro, famiglia e tanto volontariato! Nel mio lavoro cerco di essere attenta e rispettosa verso le persone LGBTQIA+, riconoscendo le loro riservatezze e diffidenze. Indosso sempre braccialetti pride e un porta badge arcobaleno, e spesso le persone, consapevolmente o meno, si rivolgono a me. L’esperienza con Arcigay mi ha insegnato ad essere più discreta riguardo alle difficoltà altrui, ad abbracciare il “non giudizio” (quello autentico) e ad evitare commenti gratuiti. Le battute fuori luogo o le barzellette che non mi fanno ridere possono rendere complicati i rapporti con alcuni vecchi amici o conoscenti, ma cerco sempre di far capire che le parole hanno un peso e possono ferire.

Come hai reagito quando tuo figlio Andrea ha fatto coming out a 16 anni? Quali emozioni hai provato e come ha influito sulla tua decisione di unirti ad Arcigay?
Andrea si è dichiarato l’8 settembre 2015, rivelando che gli piacevano gli uomini. È stato un colpo, come un mattone in testa, anche perché aveva solo 16 anni, aveva avuto delle ragazzine come “fidanzate” e già un’attività sessuale. Lo disse prima a me e ho pianto. I miei pensieri erano rivolti soprattutto alle malattie, alla possibilità che non trovasse lavoro e al rischio che perdesse amicizie. Pensieri negativi, quasi catastrofici. Ho aspettato alcuni giorni perché ritenevo giusto che fosse lui a parlarne con il padre. Una notte, mentre piangevo, mio marito mi chiese cosa stesse succedendo: pensava che avessi un amante o che mi fossi innamorata di un altro uomo. A quel punto gli parlai di Andrea, e ne discutemmo. Inizialmente, nella nostra ignoranza, ci venne persino l’idea che potessimo “aiutarlo a cambiare”. Ripensandoci oggi, mi dispiace aver avuto quei pensieri, anche se per poco tempo. Parlando poi con una conoscente, incontrai una signora, presidente di AGEDO (Associazione Genitori di Omosessuali), che mi tranquillizzò spiegandomi tante cose. Poco tempo dopo partecipai a una presentazione di un libro a tema, organizzata da Arcigay Cuneo, e in quell’occasione si aprì per me un mondo. Non ci siamo più sentiti soli o unici nella nostra esperienza, e quell’evento mi ha trasformata in un’attivista. Anche mio marito, seppur in modo più marginale, è diventato un attivista ed è oggi molto presente nelle attività dell’associazione.

Per te, cosa significa “metterci la faccia” come genitore di un figlio gay? Puoi raccontarci un episodio in cui ha sentito di fare una differenza grazie al tuo impegno?
Metterci la faccia significa essere orgogliosi dei propri figli, che camminano a testa alta senza nascondersi o fingere una vita diversa. Significa soprattutto essere presenti e attenti. Noi genitori abbiamo il dovere di sostenerli, soprattutto nell’età adolescenziale, quando sono alla ricerca di approvazione e desiderano sentirsi liberi. Non c’è nulla da accettare, ma solo da accogliere!

Ci sono stati momenti particolari durante il Cuneo Pride che ti hanno lasciato un segno indelebile?
Al Pride mi commuovono un sacco di cose. È un’emozione unica vedere tante persone, soprattutto giovani, che si amano e che vogliono farlo sapere al mondo. La bellezza dell’amore, la libertà di essere chi vogliono e vedere la nostra famiglia unita e a sostegno di una comunità che non viene capita. Non bisogna essere invisibili, ma occorre sostenerli.

Qual è stata la reazione dei tuoi colleghi e delle persone che incontri quotidianamente quando hanno scoperto del tuo impegno per i diritti LGBTQIA+? Hai notato un cambiamento nel loro atteggiamento?
Per quanto riguarda amici e colleghi, il mio impegno è sempre stato altalenante. Ci sono state amicizie curiose e coinvolte, che hanno partecipato ad alcune attività e che tuttora frequentano eventi legati a testimonianze, film, libri e simili. Altri, invece, comprendono meno il nostro impegno e pensano che esagero a manifestare e “combattere” per i diritti. In alcuni conoscenti e colleghi ho notato una curiosità più pettegola che autentica. Il mondo, però, è cambiato.

Secondo te, come possono influenzare positivamente la mentalità delle persone nella nostra comunità eventi come il Cuneo Pride?
Eventi come il Pride mostrano che ci siamo, che siamo in tanti e, soprattutto, che ci sono molti giovani. Sono proprio loro a capire di non essere soli. La marcia in sé mi fa riflettere: vedere tanta gente ai lati, che osserva, forse capisce che non si tratta di una carnevalata, ma di un’espressione autentica di ciò che si è e di come ci si sente.

Quali consigli daresti ad altri genitori che stanno affrontando il coming out dei loro figli?
Consiglierei ai genitori di ascoltare con attenzione, accogliere e pensare al bene dei propri figli e figlie, accettando le loro amicizie o i loro fidanzati e fidanzate. È importante conoscere senza giudicare, perché l’accoglienza è fondamentale.

Hai mai incontrato resistenze o pregiudizi tra amici o familiari riguardo al tuo impegno per i diritti LGBTQ+?
Spesso mi capita di sentirmi dire che faccio troppo e che ormai non è più necessario, perché “è già tutto sdoganato”. La mia risposta è il mio impegno e la mia presenza. L’esempio che offro mi arricchisce profondamente, e sebbene mio figlio sia ormai “risolto” e fiero di chi è, tanti altri non lo sono. Sovente, vedere una “mamma” coinvolta fa la differenza e può fare bene.

Qual è il messaggio più importante che speri di trasmettere e come pensi che il tuo esempio possa influenzare positivamente il cuneese?
Auguro a tutti di essere delle brave persone. Mi auguro per Andrea e per tutti che possano essere orgogliosi di chi sono. Auguro di innamorarsi della persona giusta, quella che li renda felici. Auguro di vivere una vita piena di impegni, per sentirsi realizzati, e di non subire i giudizi altrui. Infine, mi auguro che le persone sappiano andare oltre gli stereotipi.