Anche lo CSAC tra i soggetti attivi per il parto in anonimato, eccellenza piemontese per PD e M5S
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In consiglio regionale l’audizione sui numeri e le azioni correlate. La necessità? Più comunicazione pubblica sul tema.
Informare quanto più possibile i cittadini sulla possibilità di ricorrere al parto in anonimato e sui servizi offerti dalla Regione alle gestanti in grave difficoltà, per evitare la soppressione o l’abbandono dei neonati, fatti che purtroppo le cronache talvolta riportano. È l’appello lanciato dai rappresentanti dell’Associazione nazionale delle famiglie adottive e affidatarie (Anfaa) e dei quattro soggetti gestori delle funzioni socioassistenziali competenti in materia di gestanti, auditi lunedi 27 gennaio – su richiesta del M5s – in Commissione Sanità del consiglio regionale, presieduta dal presidente Luigi Icardi e dal vicepresidente Daniele Valle.
“Solo in Italia e, con modalità diverse, in Francia è possibile ricorrere al parto in anonimato a tutela della partoriente e del neonato e il Piemonte è l’unica regione ad aver legiferato in materia”, ha ricordato Frida Tonizzo di Anfaa.
“Un’opportunità – ha aggiunto – che spesso è ignorata proprio dalle gestanti che si trovano in grave difficoltà, sovente giovani o giovanissime, non di rado straniere, che necessitano di interventi socioassistenziali prima, durante e dopo il parto per mancanza di lavoro, casa o sussidi”.
Claudia Roffino, sempre di Anfaa, ha invece evidenziato la necessità di “cercare le donne in difficoltà, accoglierle, assisterle e aiutarle a scegliere se riconoscere o no il proprio figlio senza pregiudizi perché una donna che partorisce in anonimato non è altro che una donna in difficoltà che sta dicendo: ‘non sono in grado di fare la mamma’”.
A questo proposito, hanno aggiunto, “abbiamo ottenuto che la possibilità di ricorrere al parto in anonimato sia inserita nella nuova edizione dell’Agenda di gravidanza realizzata dalla Regione”.
Citando un rapporto di Save the Children, entrambe hanno espresso riserve sull’efficacia delle “culle per la vita”, che “rischiano di incentivare parti senza l’adeguata assistenza sanitaria per la mamma e per il bambino, lasciando la partoriente completamente in balia di sé stessa” e chiesto che si valuti di ritirare l’ordine del giorno in materia, recentemente approvato dall’Assemblea.
Per quanto riguarda i rappresentanti dei gestori delle funzioni socioassistenziali, Cristina Demaria del Csac del Cuneese ha dichiarato che “dal 2007 al 2024 sono stati seguiti 35 casi di donne che sono ricorse al parto in anonimato e rappresentano il 25% quelli che hanno interessato donne straniere”.
Per la consigliera del Partito Democratico Monica Canalis: “Il Piemonte è un modello nel modello, perchè, oltre ad applicare la legge nazionale 2838 del 1928 e la legge 328/2000, è l’unica Regione italiana ad aver legiferato sul tema, introducendo nel 2006 la legge regionale 16 (voluta dalla giunta Bresso n.d.r.), che individua in 4 dei consorzi socio assistenziali del Piemonte il compito di assistere le gestanti che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto. Durante i 60 giorni successivi al parto, garantiscono alle donne già assistite come gestanti ed ai loro nati gli interventi socio-assistenziali finalizzati a sostenere il loro reinserimento sociale.
Il parto segreto è un modello perché offre cure non solo al neonato, ma anche alla partoriente. Una possibilità per quelle donne che non sono in grado o non vogliono essere mamme. Non un atto di abbandono, ma di grande responsabilità e generosità.
A differenza delle culle per la vita, nel parto in anonimato la donna non è sola ad affrontare il parto, ma riceve la necessaria assistenza ospedaliera, senza dover temere per la propria privacy o per il futuro del bambino, che viene prima affidato alle cosiddette “famiglie cicogna” (famiglie affidatarie specializzate nell’accoglienza dei neonati) e poi, entro il primo mese di vita, alle famiglie adottive.
Solo sostenendo le donne sosteniamo i bambini. Per questo come Partito Democratico, riteniamo che la Regione debba puntare sul parto in anonimato più che sulle culle per la vita, facendolo conoscere di più, con campagne informative nelle scuole, nelle associazioni di volontariato, nei consultori, nei centri per le famiglie.”
Anche per Sarah Disabato del Movimento 5 Stelle, una delle richiedenti l’audizione: “Le “culle per la vita” non tutelano le donne ed il neonato, non vanno promosse. L’abbiamo ribadito lunedi in Commissione Sanità, in occasione dell’audizione. Un momento per fare il punto sul parto in anonimato, un tema sul quale è necessario un lavoro più strutturato da parte della Regione Piemonte. Ricordiamo di essere stati l’unica forza politica ad osteggiare e non votare l’ordine del giorno della Lista Cirio che incentivava la diffusione delle “culle per la vita”, ciò perché siamo convinti della necessità da parte della Regione di stanziare maggiori risorse per favorire il parto in anonimato, capace di salvaguardare nascituro e partoriente.
In particolare, come riferito anche dagli auditi, serve un impegno maggiore sulle campagne informative relative a questa possibilità, con una comunicazione capillare su consultori, ospedali e centri per i servizi socio-assistenziale, ma anche nelle scuole, dove sono già attivi percorsi legati alla sessualità, così da far conoscere ai più giovani il parto in anonimato.
Al contempo, è necessario intervenire per assistere le donne non solo prima e durante, ma anche dopo il parto, con sportelli psicologici che possano accompagnarle in questa fase difficile e complessa della loro vita.
Ci auguriamo, a seguito della discussione avute in commissione, che molti colleghi abbiano cambiato idea sulla questione. Non è mai troppo tardi per correggere il tiro.”