Cirio: la mia una superficialità lessicale che è giusto chiarire

18 aprile 2025 | 07:21
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Cirio: la mia una superficialità lessicale che è giusto chiarire
Alberto Cirio durante la seduta del Consiglio Regionale del Piemonte di ieri

Il Governatore precisa quanto detto in occasione della presentazione dell’Adunata degli alpini di Biella: “La campagna di Russia fu una evidente aggressione, non dirlo significa negare la storia”

Torino – A pochi giorni dall’ottantesimo Anniversario della Liberazione, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha voluto ribadire con forza il significato unitario del 25 aprile, sottolineando la necessità di onorare la memoria della Resistenza attraverso la condivisione dei valori fondanti della Repubblica: libertà, democrazia e rispetto per le persone.

L’intervento di Cirio è giunto in apertura dei lavori del Consiglio regionale, tenutosi ieri a Torino. “Abbiamo la responsabilità – ha affermato – di mettere in pratica il dovere della memoria con la nostra condotta e con il nostro impegno per tramandarla ai nostri figli e alle nuove generazioni. E per offrire una testimonianza, anche scritta di questo importante patrimonio, la prossima settimana presenteremo, insieme con il Consiglio regionale, il Museo diffuso e gli istituti storici della Resistenza, una pubblicazione sul 25 aprile che individua 80 luoghi di memoria del Piemonte. In questa festa prevalga uno spirito di condivisione per ciò che ci unisce e che ci permette oggi di essere qui: i valori di libertà, democrazia, rispetto delle persone”.

Cirio ha poi chiarito quanto detto in occasione della presentazione dell’Adunata degli alpini di Biella: “La campagna di Russia fu una evidente aggressione, non dirlo significa negare la storia” e ha sostenuto che si è trattato di “una superficialità lessicale che è giusto chiarire”. Non solo: il Governatore ha ricordato anche “le migliaia di alpini piemontesi morti, molti ritornando in Italia dove volevano combattere per la libertà contro il nazifascismo. E alcuni di loro lo fecero, diventando partigiani”. “Abbiamo il dovere – conclude – di mettere un fiore su quelle lapidi, che non sempre c’è: ognuno di noi dovrebbe adottare la lapide di un partigiano ucciso”.